domenica 15 aprile 2007

la costruzione di una nuova vita sociale n.3

Tutti hanno dei codici leggermente diversi, ma procediamo con ordine in questo terreno minato.

Gli americani bianchi: quando sono arrivata ero colpita perche' nessuno mi chiedeva nulla di personale per conoscere meglio me o magari il mio paese (qui gli italiani veri sono molto pochi e la gente adora l'Italia, da quello che ho potuto vedere). Grande cortesia, ma solo scambi di battute superficiali.

Esempio. A un pranzo, una persona di famiglia mi ha chiesto come stavano i miei in Italia. Io ho risposto o meglio stavo rispondendo raccontando un problema che era successo e li' si e' creato il gelo. La persona che ha chiesto ha cominciato a guardare da un'altra parte e cosi' tutti gli altri (alcuni nel piatto) finche' non ho cambiato discorso. Ci sono rimasta un po' male, ma ora so che probabilmente io ho messo in imbarazzo loro introducendoli troppo nel mio personale e nella situazione sbagliata. Quella era una tipica non-domanda a un livello un po' piu' raffinato del solito How are you doing? Ho ancora difficolta' a riconoscerle.

Raramente si parla di politica o di religione. Ora so che questo non avviene perche' le persone non hanno un'opinione, ma perche' non vogliono creare dei conflitti. Si puo' parlare di queste cose con chi si conosce molto bene, al limite ho visto che e' anche un segno di amicizia farlo. Ma soprattutto, si fa nella situazione appropriata: mai quando c'e' troppa gente, mai quando si sta bevendo alcol.

Gli afroamericani: se ne era gia' accennato. L'argomento e' delicatissimo. Al punto che non ho ancora ben capito in base a cosa uno e' considerato nero o bianco.
Ieri sera, per esempio, ero a una sorta di festa con mr. Johnson ed eravamo gli unici due bianchi. Secondo lui. Gia' perche' secondo me, invece, c'erano un paio di persone che erano piu' chiare di me, se sono bianca io, lo sono anche loro, no? Invece no. Non ho ancora ben chiaro come funzioni, ma uno puo' essere nero anche se sembra bianco. Un po' tipo Anthony Hopckins in "La macchia umana".

Gli asiatici (Cina, Giappone, Corea): loro ridono sempre, almeno quelli che conosco io. E a volte pensi Ma che ci sara' da ridere? Nulla, sono quasi sempre sorridenti per indole.
Poi varie differenze filosofiche.
Esempio. La prima volta che ho cucinato per Yukiko che e' giapponese, ho fatto una pasta con le verdure. Ecco, lei ha mangiato tutte le verdure da sola e mi ha lasciato la pasta. Poi ho capito che non era cattiva, solo non aveva ben capito come funziona con la pasta.

I messicani: se hai i capelli scuri e non hai gli occhi a mandorla, qui in Texas, loro ti si rivolgono in spagnolo. All'inizio ne ero contenta visto il mio inglese, ma ora ho capito che e' una piccola trappola linguistica. Per prima cosa, il loro spagnolo e' ben lontano dal castigliano che si insegna in Europa e poi per lo piu' ti parlano in spanglish. Appena cominci a capire, spunta una parola in inglese pronunciata cosi' cosi' e il mio cervello lavora a compartimenti stagni, non riesce a mischiare due cose insieme. La cosa bella e' che qui non ti chiedono mai di dove sei se parli in spagnolo. Mi ha spiegato un mio compagno di corso che e' una cosa che non importa, l'importante e' capirsi, non come in Spagna che ti inquadrano subito. E io che avevo pensato di parlare talmente bene da mescolarmi a loro!

Gli italiani o dallassiani: loro sono proprio interessanti. Il motivo principale di interesse e' che sono pochi, veramente pochi. Poi conoscendoli si capisce che sono interessanti di per se' indipendentemente dal contesto, almeno quelli che ho conosciuto io. Sono persone aperte, divertenti e spesso geniali. Nel senso che quasi tutti sono quei famosi cervelli in fuga di cui periodicamente si parla sui giornali italiani. Sono quasi sempre piuttosto giovani (nel senso italiano del termine, sui 35 anni circa) e realizzati professionalmente e personalmente. Ci sono quelli che pensano ancora che nei buchi sotto i marciapiedi ci siano i coyote e quelli che cercano di stabilire una qualche forma di contatto con la popolazione locale. Spesso raccontano impressioni simili a quelle che potete leggere in questa pagina, ma la sottoscritta e' una dallasiana un pochino atipica: sono qui per amour non per esubero di materia grigia.

Il discorso sarebbe ancora molto molto lungo, ma mi sembra di avere generalizzato abbastanza per oggi. Una cosa l'ho capita pero' dopo tutto questo tempo.
Non bisogna mai giudicare gli altri o meglio, bisogna giudicare perche' fa parte della natura umana, ma non criticare quello che non capiamo. La cosa bella di conoscere tante persone differenti e' mettersi in discussione e cercare sempre di capire.

In parole povere, puoi continuare ad andare da Starbucks e prendere un'acqua minerale S.Pellegrino piccola nella bottiglia di vetro o provare ed ammettere che si', il frappuccino e' proprio buono.

9 commenti:

no ha detto...

mi piace come racconti,questa trilogia su "la costruzione di una nuova vita sociale" e'un piccolo affresco leggero e ironico/auto...meglio di tanti trattati psicosocialiattitudinari(?).....sarà,ma mi ricordi tantissimo una scrittrice(e il suo libro ovviamente...la scrittrice da sola no...il libro da solo forse) "schiavi di new york" di Tama Janowitz....insomma,anche se è sciocco,complimenti.
ciao

Anonimo ha detto...

Non avrei mai pensato di poter arrivare a Dallas così velocemente e spendendo così poco :-)
Verissimo quando dici che non si deve criticare quello che non capiamo. Bisognerebbe ricordarlo più spesso.
Un saluto.

Ileana ha detto...

Io, più passa il tempo e meno mi abituo!
Troppe differenze........

Anonimo ha detto...

noise: non sono brava a prendermi i colplimenti...grazie

monckey: e' l'unica cosa su cui non ho dubbi

ile: e' difficile, bisogna cercare di non aspettarsi le cose che i nostri codici ci hanno sempre insegnato, pero' e' anche bello, no?

Anonimo ha detto...

Philip Roth è il mio autore preferito, "la macchia umana" come gli altri dei suoi romanzi coglie alcuni dei problemi dell'America, così si dice, tu me lo confermi ;-)

nonsisamai ha detto...

e' vero, ci sono problemi qui che non avrei mai mai potuto immaginare...

Anonimo ha detto...

Sto leggendo il tuo blog con molto interesse, mi piace il tuo modo di descrivere le cose...

Marco Inzitari ha detto...

Nonsi, io no lo ammetterò mai, che il frappuccino è buono, ma non per orgoglio! E fortunatamente, essendo Pittsburgh stata meta di consistente immigrazione dall'Italia - soprattutto da Calabria e Abruzzo, come raccontavo in un vecchio post - si trova un bar, nella zona dei negozi di generi alimentari, dove il caffè e il cappuccino, le uniche due cose che contano!, sono notevoli.

Secondo, non so se ho seguito tutta la vicenda dall'inizio...ma, dunque, sei lì per amore! Deve essere proprio amore...just kidding!

nonsisamai ha detto...

netstar: grazie e a presto :)

marco: 1- mi mandi il link di quel post che sono curiosa? 2- Mi spiace ma l'unica cosa che conta e' la pizza, ne vogliamo parlare? 3- E' vero! A parte gli scherzi, c'e' una differenza abissale fra la mia percezione e quella degli italiani che sono qui solo per lavoro. Forse vale un po' la proprieta' transitiva: uno ama una persona che ama un posto quindi finisce si ama anche il posto, capisc? :)