martedì 20 dicembre 2022

una questione di controllo

La mia giornata di oggi si riassume grossomodo in queste due immagini: un righello rotto per dispetto e una manina che indica il disegno di due cuori che sorridono e dice "tu y yo".
La stragrande maggioranza delle mie classi sono composte da alunni con abilità diverse che tante volte non hanno in comune nemmeno la lingua. Per questo sto imparando a diversificare il più possibile. In ogni lezione propongo varie attività che possono svolgere in maniera indipendente più qualcosa di nuovo che insegno a piccoli gruppi.

Una delle attività che ho introdotto recentemente è il trenino di legno.
Devono semplicemente riuscire a comporre i binari usando più pezzi possibili senza litigare.
Il "senza litigare" è la cosa più importante.
Presuppone un certo uso del pensiero creativo, ma non è un'attività strettamente collegata alla mia materia. Il fatto è che in qualche modo ho bisogno che imparino a risolvere i contrasti normali della vita senza mettersi le mani addosso.
Se non riescono a collaborare sposto immediatamente i due litiganti senza sentire spiegazioni.
Tutte le classi a cui ho proposto questa attività sono riuscite a costruire i binari e a risolvere i contrasti.
Tutti si sono
divertiti
e sono stati molto orgogliosi del proprio lavoro.
Oggi mi sono sentita audace e ho proposto questa cosa anche ai grandi, così per vedere cosa succedeva.
Hanno tante verifiche in questi giorni, volevo che si distraessero anche loro.
Due ragazzi hanno raccolto l'invito solo che invece di costruire, hanno hanno deciso di distruggere. Si sono messi a sbattere i pezzi con violenza sui banchi producendo un rumore assordante. Imbracciando i binarietti di legno a mo' di fucile, facevano finta di sparare. Mai mi sarebbe venuta in mente una somiglianza fra dei binari di legno Ikea e un AR-15.
Che cosa hanno in testa?
Uno dei due è un soggetto di quelli che a scuola si fanno abbastanza notare, e spesso
non in modo positivo. Nella classe di arte invece, da un certo punto in poi, si è sempre comportato benissimo.
Infatti, prima di mettersi a "sparare" i binari, mi aveva fatto vedere la graphic novel che sta scrivendo.
Gli avevo fatto dei
complimenti
molto sinceri.
Ero colpita dall'impegno e dal talento. Mi faceva anche piacere che mi avesse reso partecipe di questo suo progetto. C'era una bella atmosfera festiva.
Due minuti dopo, quel rumore assordante, quel comportamento distruttivo e inaccettabile.
A volte penso che sia tutta una questione di controllo.
Mi comporto male così sono io che ho in mano il gioco.
Ferisco te prima che tu ferisca me.
Ti deludo io prima che lo faccia tu.
Sono stanca.
Un giorno ancora.
Coraggio.
 

4 commenti:

camu ha detto...

Immagino il problema di questi ragazzi nasca a casa, e sia poi amplificato dai social. Non sono mai ascoltati davvero, allora l'unico modo che hanno per farsi notare è quello di diventare ribelli e di vestirsi di quel senso di sfida ed impunita che li fa sentire grandi ed importanti. Sebbene senza l'AR-15, ma leggevo che anche in Italia questo fenomeno si sta allargando a macchia d'olio, con giovani che sempre di più perdono fiducia nel futuro e smettono di partecipare al proprio percorso formativo, e si fanno trascinare come una barca alla deriva.

Nonsisamai ha detto...

I miei studenti vivono in condizioni di povertà a volte estrema, spesso sono orfani oppure hanno un genitore in prigione, tanti di loro sono senzatetto, la maggioranza non parla inglese. Sono situazioni fuori dall'ordinario, non fanno parte di nessun "fenomeno sociale", sono solitamente emarginati dalla società per come la si intende in generale.

Bulut/Nuvola ha detto...

Stavo pensando che ci vuole tempo perché possano perdere le abitudini (abitudini detto in un senso generale, non in senso negativo nè positivo).
Una volta ho letto un libro che mi hanno consigliato (e che consiglio caldamente), questo qui: "The Power of Habit", by Charles Duhigg.

Leggendo questo tuo post, mi è venuto in mente che magari per i tuoi studenti, abituati a vivere in condizioni estreme e quindi ormai "abituati" a certi meccanismi, è difficile "venire fuori" dall'abitudine. Ovvero: per anni hanno una realtà in cui si devono difendere e ferire per primi, per non essere quelli feriti. Quindi per loro è duro "adattarsi" alla nuova realtà e "cambiare". Non è duro solo per loro: è duro per le persone in genere. Nel libro viene un po' spiegato, comunque ci sono tempi "fisiologici" per acquisire nuove abitudini (o per dimenticare le vecchie). Durante il tempo "fisiologico", uno si deve proprio impegnare per "cambiare". È, in un certo senso, un meccanismo intrinseco della persona. Serve, per esempio, a fare cose senza sforzo (tipo: non devi ogni volta forzarti a respirare, o ricordarti di respirare, etc).
Le abitudini sono una sorta di "pilota automatico" che ci fa risparmiare energie/tempo/attenzione per fare altro. Per quello è così vitale acquisire "buone abitudini"... i tuoi alunni, probabilmente, sono "abituati" a comportarsi in un ambiente in cui si sentono minacciati e conoscono solo quello. Quindi, faticano a riadattarsi ad un contesto dove non lo sono...

La buona notizia, però, mi sembra essere che, piano piano, probabilmente si abitueranno anche al contesto scolastico. E che (riallacciandomi ad un tuo post precedente) fai bene a non urlare, a usare il microfono piuttosto, a non scomporti... perché così dai loro un sistematico esempio di persona che non urla e non si scompone. Da una parte per loro è difficile perdere il loro atteggiamento, frutto della vita nel loro ambiente, ma dall'altra secondo me loro notano la differenza nei tuoi atteggiamenti, ed è comunque qualcosa di positivo in sè, anche se i frutti non si rivelano subito.

Buon anno!

nonsisamai ha detto...

Bulut: grazie, commento molto interessante. Cambiare abitudini è difficilissimo. Nella mia situazione questi ostacoli in particolare rendono i cambiamenti faticosi:
1- Non c'è continuità, gli studenti (per una serie di motivi che non approfondisco qui ma che esistono) cambiano spessissimo scuola quindi tante volte il cosiddetto tempo fisiologico non ce l'hanno
2- Non hanno un messaggio unico: spesso gli insegnanti dicono una cosa e i genitori un'altra. Es: maestra: "Non si dicono queste parole! "Ma i miei genitori me le lasciano dire". Cose così
3 Per finire c'è un grosso problema di autoregolazione degli istinti che dipende da vari fattori, ma contro cui è estremamente difficile lottare (io poi li vedo un'ora alla settimana...)
La percentuale di successo, a giudicare dal comportamento dei ragazzi più grandi che spesso va ben oltre i limiti della della legalità, non è soddisfacente.
Continuiamo a provarci, ma a volte la sensazione è quella di combattere contro i mulini a vento