venerdì 3 agosto 2018

negare è stupido

Qualche giorno fa mi è capitato per caso di vedere questo servizio della Tv Svizzera sul problema della mortalità materna negli Stati Uniti. Dura solo cinque minuti ed è in italiano, se potete, per favore guardatelo. 
Pochi sanno che circa 900 donne ogni anno muoiono per patologie legate alla gravidanza, una percentuale altissima per uno dei paesi più ricchi del mondo. 
Mi ha fatto piacere vedere che se ne cominci a parlare all'estero visto che qui paradossalmente sembra che questo argomento interessi sì e no a quattro gatti. E' un problema che mi sta molto a cuore per diversi motivi, anche personali, e dato che dopo tutto ho avuto ben due gravidanze ad alto rischio in questo paese, provo a spiegarvi almeno un po' come possono andare, oppure non andare, le cose in queste situazioni. 
Per uno strano scherzo del destino, ho sofferto entrambe le volte, per puro caso, di una di quelle patologie che in un passato neanche troppo remoto comportavano la morte quasi certa della madre e qualche volta anche del figlio. Persino oggi, con tutti i mezzi tecnici che ci sono, nei casi come il mio, i medici non possono stabilire con esattezza la gravità finché non fanno nascere il bambino. A quel punto però può essere magari troppo tardi. 
Nel mio caso, soprattutto la seconda volta, la situazione sembrava volgere al peggio. 
Il mio medico (che se volete potete visualizzare così) è stato eccezionale. Le sue visite, verso la fine, erano più che altro lezioni universitarie. Mi spiegava tutto. Con infinita pazienza rispondeva a ogni dubbio, tirava fuori il modellino anatomico e mi faceva perfino i disegnini per essere sicuro che capissi esattamente cosa stava succedendo e quali fossero i rischi a cui andavo incontro. Con immensa professionalità, ha fatto tutto quello che poteva per aiutarmi a fare la mia scelta nella maniera più consapevole possibile. Si trattava praticamente di decidere se farsi togliere un organo e sopravvivere di sicuro o tenersi l'organo, ma poi chissà. Non auguro a nessuno di doversi mai trovare a fare una scelta simile, ma dovendola fare augurerei a chiunque di imbattersi in un medico così. Ha programmato il parto in modo che i migliori specialisti potessero essere in sala operatoria con lui. Proprio all'ultimissimo momento, ha mostrato anche la sua tenerezza e mi ha tenuto la mano un attimo per farmi coraggio. E' stato un po' buffo, lui che era sempre stato così austero prima. Quando l'operazione è iniziata si è capito subito che la situazione era molto migliore di quello che si era temuto. Sono qui, sono viva, tutto è andato magari non bene bene, ma nel migliore dei modi possibili e non potrei essere più grata. 
Pochissimi mesi dopo, mentre io ero a casa con il mio pupo insonne, ho saputo che un'altra mamma che aveva appena avuto due gemelli, una collega di Mr. J, non era stata altrettanto fortunata e aveva perso la vita. Certo, altra patologia, altro medico, altra situazione, però guarda caso questa mamma rientra perfettamente nella casistica a cui fa riferimento il breve servizio della televisione svizzera a cui accennavo all'inizio. Era nera e le mamme che muoiono nella maggioranza dei casi qui sono quelle nere. 
Perché le donne di colore muoiono di parto più delle altre negli Stati Uniti?
I motivi sono fondamentalmente due: il primo è che i medici tendono a prenderle meno sul serio quando spiegano i loro sintomi e il secondo è che per tutta la vita soffrono di quello stress particolare che è legato alla discriminazione. 
Sì, ci sono degli studi che hanno dimostrato che essere vittima di discriminazione razziale a lungo andare indebolisce non solo lo spirito, ma anche il corpo, gli organi vitali e riproduttivi (leggete qui per un'idea generale).
Potremmo metterci adesso a dibattere -e so che qualcuno non vede l'ora di farlo- se sarebbe morta lo stesso o no se fosse stata bianca, ma l'unica cosa certa è che non era bianca, ma nera e che a parità di assicurazione sanitaria, età e titolo di studio, lei non è sopravvissuta e io sì.
Quello che voglio dire è che accanirsi nel negare, entrare nei dettagli di ogni singolo episodio di discriminazione e fare il processo a chi denuncia, è stupido e non porta da nessuna parte. 
Denunciare di aver subito un qualunque abuso o una discriminazione non è mai uno scherzo. E' necessario prendere queste denunce molto sul serio e avere rispetto per chi si trova in una condizione di fragilità per vari motivi.  
Tra l'altro, gli studi più recenti dimostrano che non sono le grandi ingiustizie a compromettere la salute, ma lo stress quotidiano, l'essere trattati con sospetto o ostilità dalla cassiera al supermercato o dallo sconosciuto sull'autobus. Queste sono situazioni difficilmente documentabili, bisogna assolutamente ascoltare e riflettere quando qualcuno le denuncia.  
Vi scrivo da un posto notoriamente, leggendariamente razzista, eppure qui una conversazione innovativa e intelligente come questa che traccia una linea fra il razzismo e la salute delle persone, sta cominciando. Da molto tempo si stanno raccogliendo dati e prove e questo è il primo passo, un passo indispensabile per sconfiggere il problema.  
Forse in Italia siamo stati così impegnati e pensarci come brava gente da dimenticare di guardarci allo specchio e vederci per quello che realmente siamo. 
Una volta, qualche anno fa, ho discusso per due ore con un carissimo amico italiano che sosteneva qualcosa tipo che sia giusto fare battute sul colore della pelle, se fanno ridere e se non si esagera, che non c'è niente da offendersi o niente di male. Lui era perfettamente in buona fede, pensava davvero che dal momento che lui non si sarebbe offeso per una battuta sul colore della sua pelle, allora nemmeno un nero. Calma. Le persone e i popoli hanno una storia alle loro spalle, le cose sono un po' più complesse di così e non si equivalgono, infatti poi l'ha capito anche lui credo, semplicemente non ci aveva mai pensato. 
Bisogna allargare lo sguardo, parlarsi.
Ho la sensazione che tanti in Italia siano sulla difensiva perché si stanno confrontando con il problema del razzismo, o meglio del proprio razzismo, forse per la prima volta. 
Ragionare sul razzismo è una delle cose più difficili che possiamo fare perché se siamo onesti con noi stessi, dobbiamo metterci in discussione e fare i conti prima di tutto con il fatto che anche noi abbiamo determinati preconcetti, tutti ce li hanno. 
Stabilito questo, si fa il passo successivo e si cerca di capire come possano sentirsi gli altri, come possa essere la loro esperienza di vita rispetto alla nostra. 
Negare come vedo fare in questi giorni che il razzismo in Italia esista, è stupido e porta solo a un accanimento sempre più acritico di ognuno sulle proprie posizioni iniziali. 
Non è questo che vogliamo.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutto molto vero.
Ti porto la mia esperienza di mamma italiana in Belgio.
Le mamme italiane qui sono conosciute per essere iper protettive e ansiose.
Conscia di questo, mi sono resa conto che avevo la tendenza a minimizzare il modo in cui percepivo i miei sintomi e quelli di mio figlio, nuocendo alla possibilita' per il medico di fare una diagnosi corretta e applicare cure adeguate.
E non ho mai subito una "discriminazione diretta e grave" solo un "eh signora, lo so che voi mamme italiane siete ansiose, ma l'antibiotico non serve" (seguono 10 giorni di ospedale con un bambino di 8 mesi con la polomonite attaccato all'ossigeno - perche' la mamma italiana e' ansiosa e non la si prende sul serio).
Non mi riesce difficile immaginare che avere esperienza di discriminazione quotidiana (e molto piu' grave) porti a conseguenze infauste: a "non voler dare fastidio" e a cercare l'invisibilita'. Di conseguenza ci si prende meno sul serio, si minimizza e si aspetta, prima di cercare veramente aiuto (medico o altro). E anche in questo caso, si rischia di non essere considerati alla pari, credo per un "bias culturale", di cui proprio non ci rendiamo conto.
Il risultato e' che a volte quello che potevi curare con un antibiotico, lo curi con 10 giorni di ospedale. Altre volte, va peggio.
Martacci (sloggata)

Nonsisamai ha detto...

Già, la discriminazione fa proprio quarti danni qui. Un abbraccio.

Nonsisamai ha detto...

Martacci ho condiviso il tuo commento su FB, sulla pagina di Nonsisamai perché credo meriti attenzione. Gli italiani spesso non pensano che la discriminazione possa colpire anche loro. Grazie per la tua testimonianza.