mercoledì 21 marzo 2018

la giornata mondiale della Sindrome di Down

Oggi è la giornata mondiale della Sindrome di Down e vorrei condividere con voi qualche pensiero a riguardo.
Alle elementari, nella mia classe c'era uno di questi meravigliosi bambini dal cromosoma in più. Non so dire se la sua sindrome fosse particolarmente leggera, ne dubito, o se le maestre fossero brave a farci pensare a lui semplicemente come a uno di noi. Certo, aveva la maestra di sostegno e un altro paio di cosine - i bambini le differenze le notano tutte, non credete a chi vi dice il contrario- ma per il resto era uno di noi. Sono cresciuta pensando a lui come a uno qualsiasi dei miei compagni di scuola e lo ricordo ancora, come del resto tutti gli altri, con grande affetto.
Questo è il motivo per cui quando sono diventata amica di una persona che ha un figlio più o meno dell'età di Joe con questa sindrome, ho subito proposto, come avrei fatto con qualunque altro figlio di amici, che venisse a casa a giocare qualche volta. Mi sembrava un'ottima idea, per lui, per Joe e anche per la mia amica che poteva riposarsi un po'. Ecco, ci sono voluti diversi anni prima che questo invito venisse accettato. E io per tantissimo tempo non capivo. Ma come? Anche lei è completamente sola, con la famiglia lontana...le offro una mano e mi tiene a distanza?
Poi in realtà, quando questo invito è stato accettato, ho capito. Non c'è niente che faccia più paura a un genitore che il proprio figlio possa non essere trattato con affetto e sicuramente per qualcuno è difficile dimostrare affetto sotto determinate circostanze. C'é chi vuole bandire tutti i bambini dai ristoranti e dagli aerei, figuriamoci come possono reagire di fronte a quelli che hanno abitualmente dei comportamenti più imprevedibili degli altri, quelli che quando ne combinano una, non fanno tenerezza ma provocano disagio vero.
Insomma, questo post è per dire...pensiamoci a queste cose, a come si sente quel bambino, ragazzo o adulto (tutti noi ne conosciamo o ne conosceremo almeno uno) e a come si sentono i suoi genitori, i suoi fratelli e le sue sorelle, se ce li ha.
Possiamo raccontarci tante favole, ma la realtà è che ci sono delle difficoltà oggettive. Ci sono anche delle difficoltà che potrebbero non esserci però.
Non ci vuole molto in fondo. Insegnamo ai nostri figli o ai nostri studenti se ne abbiamo, a guardare gli altri con gentilezza. Fermiamoci un attimo a farli riflettere su come si sentono loro, è fondamentale, e anche su come si sentono gli altri. E facciamoli questi inviti. Le feste di compleanno, la partitella a calcetto, i boy scout...si può fare tutto tutti insieme e meglio e imparando tutti di più. E per finire, non diciamo la prima cosa che ci viene in mente, ma riflettiamo un po' di più prima di parlare o di giudicare perché la maggior parte delle volte siamo proprio noi adulti, anche in buonissima fede, a essere i più insensibili di tutti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

la verità è che le famiglie con bambini problematici (e la sindrome di Down è forse una delle patologie meno gravi )sono cmpletamente soli.Sono abbandonati da tutti: scuola, istituzioni, sanità.Per fortuna nel nostro paese sono almeno accettati (o forse posso dire tollerati) nelle scuolòe pubbliche.In paesi esteri ho sentio dire che vengono mandati direttamente in istituti appositi.Cosa che, sicuramente ,non ne facilità l'eventuale integrazione nella società mediamente "sana".Ma finita la scuola non c'è nulla.Io non so come si faccia a vivere con un figio problematico..non oso neanche pensarci.Ora che sono mamma e vedo come sia difficile districarsi tra lavoro, famiglia, scuola, relazione con il partner..arrivo alla sera esausta.Avere un bambino non autosufficiente, oltre che una sofferenza immane, sarebbe una preoccupazione insostenibile.Poi, probabilmente, l'amore per un figlio ti infonde la forza di affrontare tutto.
simona

Nonsisamai ha detto...

Hai ragione da vendere sulla solitudine si queste famiglie, anche dei fratelli non solo dei genitori.