lunedì 28 agosto 2017

i disoccupati e le casalinghe

In questo periodo ho scoperto una cosa. 
Se perdi il lavoro diventi un disoccupato, ma se sei una donna con figli, come per magia, all'improvviso ti trasformi in una casalinga. 
Il fatto è che mentre essere disoccupati viene normalmente percepito dalla società come un dramma, essere una casalinga (o mamma che sta a casa come si dice odiosamente qui), viene visto come un privilegio. E qui sta l'errore perché in primo luogo, a seconda delle condizioni economiche, può essere benissimo un dramma anche stare a casa e occuparsi dei figli e poi perché se non é una tua scelta...è un dramma, non una tragedia per fortuna, ma un dramma sì. 
In queste poche settimane di disoccupazione/casalinghitudine estiva ho visto che cercare un lavoro o più che altro nel mio caso, capire cosa si vuole fare e occuparsi di due bambini a tempo pieno (dato che le scuole erano chiuse), è un'impresa disperata. 
Sono tornata dall'Italia quasi un mese fa e non sono riuscita a combinare nulla. Nonostante non sia stata una mia scelta lasciare il lavoro che facevo, sono convinta che si dimostrerà un cambiamento necessario e positivo per me e così non voglio buttarmi nella prima cosa che mi capita, voglio usare questa opportunità per capire veramente che cosa voglio fare e come. Solo che per fare questo ci vuole una certa chiarezza mentale e concentrarsi a casa mia ora come ora è impossibile, vengo interrotta ogni secondo. Non c'è un minuto di silenzio fino a sera tardi quando anch'io oramai sono alla frutta. Potrei mettermi a cercare qualche colloquio, così anche per capire che possibilità ci sono, ma non c'è una nonna o una zia disponibile nei paraggi e le babysitter costano un sacco, bisogna essere un po' oculati. 
La settimana scorsa ho portato i bimbi a fare un laboratorio in un museo. Joe con il suo solito eloquio ha cominciato a raccontare le cose che facciamo a casa. 
- Ma che bello, che brava la tua mamma. 
- E' perché lei fa la maestra di arte - spiega Joe.
Finisce il laboratorio e ci fermiamo un attimo lí a parlare. Quello che poi scopro essere il direttore dei servizi educativi di quel piccolo museo si dimostra molto interessato alle mie competenze, mi dà il suo biglietto da visita e mi dice di farmi viva e prendere un appuntamento con lui. Bello, no? Così così. Mentre parlavamo avevo un figlio che si lamentava di avere fame e l'altro che urlava come una belva. Non il massimo della professionalità, mi sono sentita molto a disagio. 
La maternità ha tante sfaccettature, in questo momento sto sperimentando una sorta di perdita di identità. Essere madre occupa una parte enorme della mia vita e ne parlo e ne scrivo e mi appassiona come poche altre cose al mondo, ma ci sono altre cose, eccome se ci sono, e non hanno nulla a che vedere con i miei bambini. E' ridicolo da dire perché é ovvio, ma a volte temo che qualcuno si dimentichi che sono una persona, non solo una madre. Ogni volta che esco senza i bambini e incontro qualcuno, la prima domanda è dove hai lasciato i bambini? Che senso ha questa domanda? Dubito fortemente che ai padri venga fatta, loro non vengono visti dalla società come il papà di.
Ho ascoltato moltissime amiche in questi anni parlare di questi problemi, so come vanno queste cose, eppure sono qui a sperimentarle anch'io. 
La sicurezza nelle proprie capacità poi sembra essere inversamente proporzionale al tempo passato senza usare quelle capacità. 
Ho visto molte volte quanto è facile rimanere alla porta quando si rimane senza lavoro o si fa un figlio. Molte mie amiche non si sono mai veramente riprese professionalmente. 
So che quello che succederà dipenderà da me e dalle mie scelte, ma adesso non vi nascondo di avere paura, paura di rimanere intrappolata in una vita che va bene, anche molto bene, ma non mi appartiene in pieno. 
Una cosa molto triste che ho notato è che in queste settimane a casa con i bambini, non mi sono sentita per niente una mamma migliore. Ho provato a volte quasi una sorta di risentimento per il non poter fare quello che avevo bisogno di fare. L'ho capito solo questa settimana quando ha riaperto l'asilo di Woody. E' stato lì per quattro ore il primo giorno e ho fatto le cose più urgenti, ma soprattutto ho tirato il fiato. Avevo bisogno di quello stacco da lui anche se quando sono andata a riprenderlo, mi sono quasi commossa, non riuscivo più a metterlo giù. Siamo tornati a casa e abbiamo passato un paio d'ore semplicemente a giocare e a coccolarci, una cosa che non ho mai fatto nelle settimane precedenti impegnata com'ero a cercare di fuggire e ritagliarmi ogni spazio per lavorare sul mio curriculum o fare una telefonata o banalmente lavare i piatti o fare una lavatrice. Stare a casa può essere meraviglioso, intendiamoci. Il lavoro manuale ha il potere di rasserenare e sì è anche un privilegio non essere costretti a passare la giornata fuori, ma i privilegi sono tali per chi li apprezza. 
Pensavo a tutti quei discorsi che spesso degenerano. E' più difficile lavorare e occuparsi dei figli o fare la casalinga? A rigor di logica verrebbe da dire che lavorare e allo stesso tempo star dietro a una casa sia molto più duro, ma io credo che, fatte le debite eccezioni, questo sia uno di quei rari argomenti che sconfiggono la logica. Diamine, a me sembra che lavorare solo a casa sia mille volte più pesante a livello psicologico. 
Non esiste un vero riconoscimento per quello che si fa, è questo il punto. Se anche ti viene fatto un complimento -chiamiamolo così- per quanto è pulita la casa che cosa te ne fai esattamente? Non puoi nemmeno sederti e godertelo perché con due bambini e due cani ad esempio, quando ti alzi è già tutto da rifare. E' un lavoro infinito e anche vagamente insensato, giorno e notte. 
Mi chiedo dove mi porterà la forte inquietudine di questi giorni, ma sono anche fiduciosa. I momenti della vita complicati sono quelli in cui in qualche modo, si finisce per crescere e capire qualcosa in più di se stessi.

10 commenti:

Napee ha detto...

Pensavo che questo tipo di mentalità fosse presente solo in Italia, pensavo che nei Paesi più "avanzati" fosse scontato che anche le donne andassero a lavorare. Nella mia vita frequento donne che hanno fatto per tutta la vita le casalinghe e non le vedo per niente felice. Queste persone hanno i figli che sono diventati grandi e non hanno più molto da fare. Io sto finendo l'università, non so se troverò mai il lavoro per il quale ho studiato, ma sono sicura di voler lavorare, anche solo part time. Secondo me dovresti aspettare che i bambini ricomincino la scuola a tempo pieno e poi prenderti qualche giorno per te, per riflettere e valutare i pro e i contro delle scelte. Buona fortuna

Bulut ha detto...

Insomma, che dire?

In bocca al lupo, e tanta fortuna che va sempre bene...

Anonimo ha detto...

Prima di tutto sono contenta di apire che "Harvey" non vi ha minimamnete sfiorato.
Seconda cosa...ti capisco benissimo e, se posso permetetrmi, il tuo post mi fa sentire meno "in colpa".
Io sono stata in maternità finchè il mio bimbo non ha compiuto 10 mesi.Scelta che rifarei, ma ricordo che ho provato tutto quello che provi tu.Il poco riconoscimento, da parte di compagno e parenti per quanto facevo ,e il senso di solitudine, oltre che la perdita del "me".Tornata al lavoro mi è stato proposto un indennizzo per licenziarmi...cosa che non ho voluto fare assolutamente, ma che ha minato per molti, molti mesi la mia autostima.Ho potuto scegliere di rimanere solo grazie al mio contratto a tempo indeterminato ,conquistato con le manie con i denti a suo tempo.
Molte donne non possono scegliere come ho fatto io.
Ammetto ceh sia davvero estenuante conciliare lavoro e cura di un bambino, e io mi trovo a correre sempre a a far tutto (lavoro, pulizie, cucina, giochi con il bambino) in fretta e male.E mi sento in colpa ceh mio figlio passi più tempo con altri ceh con me.E ricordo che, parlando con una collega, quando i bambini erano piccolini ci dicevamo "veniamo al lavoro per riposare".Si, perchè il lavoro ti permette di focalizzare la testa su altro che non sia controllare che tuo figlio mangi, voglia fare pipì ,sia sporco o abbia fame.Ho alcune amiche, "casalinghe" obbligate e non per scelta: anche loro mi dicono di sentirsi sole, inutili, di non aver tempo di far nulla.Le capisco benissimo: essere mamme h24, 7/7 è una gran fatica. Vedrai che presto troverai una tua collocazione nel mondo del lavoro!!!Non abbatterti
simona
Ps: hai letto la lettera di sabato sulla rubrica di Concita De Gregorio?? Ecco...alla ragazza che l'ha scritta linkerei proprio il tuo post!!

tt ha detto...

Post bello e onesto. Mi piace che hai messo nero su bianco con sincerita' i tuoi pensieri - che condivido. Troppo spesso queste cose sono circondate di ipocrisia e tabu'.

nonsisamai ha detto...

Fra M: grazie, non è facilissimo in effetti parlare di problemi che si potrebbero evolvere in mille modi differenti.

nonsisamai ha detto...

Bulut: grazie! Crepiiii ;)

nonsisamai ha detto...

Napee: non so se siamo poi così avanzati, soprattutto ultimamente. C'è da dire che qui le madri che tornano a lavorare dopo tanti anni, non vengono viste con ostilità, è una cosa comune.

nonsisamai ha detto...

Simona: Grazie! Per adesso non mi abbatto, ma sono consapevole delle difficoltà oggettive. Che andavo a riposarmi al lavoro, lo dicevo sempre anch'io :)
p.s. Non l'ho letta la lettera, ma mi piace molto Concita De Gregorio. L'uragano è a circa cinque ore di strada, qui c'è il sole, ma conosco benissimo Houston e il pensiero di quello che sta succedendo è ricorrente. Speriamo finisca tutto nel miglior modo possibile e presto.

Zion ha detto...

temo di essermi proprio persa dove scrivevi che hai lasciato l'insegnamento. Sono molto colpita, credevo fosse davvero parte integrante della tua vita, sei sempre piuttosto entusiasta nel tratteggiare le attività cogli alunni.
Spero che ti vada tutto bene! In bocca al lupo davvero.

Nonsisamai ha detto...

Grazie Zion, lo spero anch'io perché la mia classe mi manca troppo. Non trovo il post, forse l'ho scritto solo su FB.