venerdì 26 maggio 2017

se non lo vedi non significa che non ci sia

Oggi stavo cercando di fare capire al signore​ delle pulizie a scuola a cosa serve riciclare e perché è importante. A un certo punto mi ha interrotto:
- Scusa ma come faccio a preoccuparmi del riciclo quando ho i poliziotti che mi sparano perché sono nero? Il riciclo sarà importante, ma io ho altre preoccupazioni. Tutti i bambini di questa scuola mi amano, mi chiamano, mi tirano da una parte e dall'altra. Poi mi incontrano con i loro genitori e non mi guardano nemmeno. È il razzismo il mio problema. Se non si risolve questo, il resto non conta.

Lui e' convinto di aver visto qualche discriminazione anche nei miei confronti, ma in dieci anni non ho mai e poi mai avvertito nulla di simile e gliel'ho detto.
La sua risposta mi ha molto inquietato: 
- Se non lo vedi non significa che non ci sia. 

10 commenti:

La perfezione stanca ha detto...

Si vabbè. Se non lo vedi non c'è. Oppure te ne sbatti, che è meglio. A volte pensare ossessivamente che una cosa esiste, la fa esistere anche se non c'è. Almeno la fa esistere nella tua testa.

Bulut ha detto...

A volte anche il voler vedere una cosa la fa vedere anche quando non c'è.

Non mi pronuncio a riguardo dei neri in America, non so come sia in genere per loro...( ma anche in America mio marito non poteva pensare di passare indenne nei quartieri tipicamente afro-americani... parlo di New York. Quando faceva tardi a studiare doveva sempre chiamare la guardia per poter tornare a casa).

Però chissà se la discriminazione che ha visto lui nei tuoi confronti è oggettiva o se l'ha voluta vedere lui... a volte, si possono anche prendere dei grossi abbagli, trasponendo la propria condizione sugli altri.

Ci sono un sacco di tipi di "discriminazione", se vogliamo. Nelle società gerarchiche come per esempio quella in cui mi trovo, per esempio tutti i "colleghi" con un rango superiore al mio non mi salutano, di standard, o, se mi salutano, lo fanno in modo molto riservato. Perché è usanza, qui, far valere il proprio rango, anche in una università. Mentre gli occidentali grosso modo si salutano se si conoscono, tra i locali vige molto la regola della gerarchia. Non è che mi discriminano, è che le regole sono diverse. Io sono straniera e mi devo adattare agli usi locali, non il contrario.

Scusa il commento un po' frettoloso, comunque spero davvero che la situazione non precipiti...

nonsisamai ha detto...

Bulut: non ho capito bene...ma tuo marito e' di colore quindi? Sono d'accordo con te sul proiettare sugli altri le proprie situazioni, pero' dopo questo avvertimento terro' piu' gli occhi aperti. La realta' e' sempre complessa e difficile da decifrare. Quanto ai tuoi colleghi che non ti salutano...mi darebbe un fastidio immenso, dovrei continuamente costringermi a ricordare che non lo fanno per cattiveria, ma per tradizione.

La Perfezione: non so, bisogna stare molto attenti a sottovalutare il razzismo. I razzisti qui sono molto spesso quelli che dicono che quelli che si sentono discriminati "esagerano". Comunque io non mi sento discriminata, ho solo colto l'avvertimento e d'ora in poi vedro' di tenere gli occhi aperti.

Bulut ha detto...

No, è "bianco", molto chiaro di pelle e di capelli.
All'università aveva amici sia "bianchi" che "neri", e visto che era sulla costa Est, non erano le sole etnie presenti... non ha mai scelto le amicizie in base al colore della pelle. Mi raccontava anche che nel suo gruppo (suonavano per hobby) uno dei musicisti era palestinese e la cantante era ebrea.
Però, non conta le volte che dei teppisti neri lo hanno rincorso mentre tornava a casa tardi, probabilmente per il solo fatto che la sua pelle era bianca. Non sono tollerati "bianchi" nei quartieri "neri" (in quella città e a quel tempo, almeno, per la sua esperienza). Per cui dopo un certo punto si faceva accompagnare dalla guardia dell'università, quando faceva tardi.



Bulut ha detto...

Per i miei "colleghi": anche a me fa fastidio ma è così.
La gente qui non è disumana ma questa è la realtà. Non significa che i "gradi altri" non salutino mai, ma c'è tutto un rituale codificato. Inoltre, spesso chi è alto in gerarchia ha una piramide di "sottoposti" (nel senso: autista, domestica, balia per i bambini, ...) e ovviamente non so sogna neppure di trattarli male, di non parlare loro. Ovviamente sono trattati bene, più lavorano bene meglio li tratta il loro "padrone" (non so che termine usare, qui, è formalmente un datore di lavoro, non un padrone di schiavi!). Però è sempre chiaro chi comanda e chi deve eseguire.

Se vai ad insegnare, qui, pensando "devo trattare gli studenti da persone alla pari" allora questo può venire interpretato dagli studenti con "non è abbastanza potente, quindi, non merita rispetto". In un certo senso, serve mostrare di essere autorevoli (non: autoritari) e andare sicuri. Io non manco mai di rispetto ai miei studenti e intimamente cerco di mettermi nei loro panni, ma non lo devo mostrare. Se lo faccio, allora un sacco di altri studenti vengono a chiedere e pretendere l'irragionevole... Occorre mostrarsi fermi in primo luogo. Purtroppo il sistema è tale che non sono veramente pronti a considerarsi "uguali", c'è il sistema millenario di stratificazione e gerarchia sotto.

nonsisamai ha detto...

Bulut: ok. Forse non e' del posto. E' che una cosa che ho imparato sulla mia pelle e' che ci sono posti dove semplicemente e' meglio non andare...
http://www.nonsisamai.com/2017/04/come-non-far-diventare-tuo-figlio.html

La perfezione stanca ha detto...

Forse mi sono spiegata male. Non intendevo sottovalutare il problema. Sono sicura che il razzismo bianchi vs neri ci sia, sia in America che in Italia. E c'è razzismo, diciamo così, verso le donne, verso i diversamente abili. Certo che c'è. Però io penso che non vi è alcuna necessità di lasciarsene condizionare. Ho sempre vissuto non come una donna, ma come una persona. Ho fatto lavori da uomo, in un certo senso. E sì, alcune volte l'ho visto il razzismo verso le donne. E ho continuato dritto. Continuando a pretendere stipendi da uomo. Continuando a pretendere lo stesso rispetto. Quindi, si, è giusto fare attenzione. Ma non lasciarsi bloccare da queste cose. Non avvilirsi, non autopunirsi. Non so se sono riuscita a spiegarmi. Se stai lì a scrutare il mondo cercando tracce di razzismo negli altri, finisce che vedi solo quello.

nonsisamai ha detto...

La perfezione: capito. Purtroppo qui siamo ben oltre l'avvilimento per quanto riguarda il discorso del razzismo (e non solo). Se prima uno sospettava certe cose, dopo le elezioni sono arrivate le certezze. Non è una bella atmosfera.

Anonimo ha detto...

Il razzismo c'è, sicuramente.Non so negli USA, ma in Italia c'è, e anche io riconosco di non esserne immune.Che sia razzismo o pregiudizio, sono situazioni che ci sono dappertutto.Purtroppo , a volte, chi è "vittima" di razzismo è portato a vederlo anche dove non c'è.E' un esempio sciocco ma anni fa,a Modena, mi trovavo su un autobus,e una coppia di colore viaggiava con una bambina piccola, di 2-3 anni.Erano tutti e tre in piedi, non si reggevano alle pensiline e non tenevano la bambina per mano.Ad ogni fermata o curva ,magari brusca, la bambina poteva poteva cadere o peggio ancora, all'apertura delle porte (erano lì vicino) essere catapultata sulla strada,o rimanere impigliata nelle porte.Il conducente,dopo un pò li ha redarguiti in malo modo, avvisandoli di fare attenzione.Il papà di questa bambina se la prese tantissimo,scese subito dal bus,inveendo con il conducente che se la prendeva con gli stranieri.
Ecco...forse è una questione culturale, ma io nel conducente non avevo visto razzismo, solo preoccupazione per la bambina.
simona

nonsisamai ha detto...

Simona: magari a un italiano lo avrebbe suggerito in maniera educata. Tu hai visto solo quell'episodio. Magari queste persone erano state "redarguite" numerose volte in precedenza. Dopo un po' che vieni trattato male, il tuo atteggiamento cambia, è umano.