venerdì 15 marzo 2013

dove sono i miei vicini

L’altro giorno ho guardato un documentario molto ben fatto. Divertente e commovente al tempo stesso (ma ve l’ho detto ultimamente ho la lacrima facile…). Si intitola Craiglist Joe e parla di un ragazzo che decide di attraversare gli Stati Uniti armato solo di portatile, cellulare e spazzolino da denti. Niente soldi e niente possibilita’ di chiamare casa. Il suo obiettivo e’ cercare di capire se esiste ancora lo spirito di comunita’ in questo paese. Se c’e’ ancora qualcuno che aiuta e si fida degli altri senza aspettarsi di ricevere nulla in cambio.

[Spoiler alert]

E viene fuori di si’, dopo mille peripezie riesce a far ritorno a casa.

Ti lascia proprio con una bella sensazione, pero’ ho spento e ho pensato bello, si’, pero’ se non avesse avuto il tipo con la telecamera al seguito sarebbe andata proprio cosi’?

Insomma, io la maggior parte dei miei vicini a mala pena li conosco di vista e non tutti.

Poi, nemmeno a farlo apposta, oggi e’ successa una cosa. Torniamo a casa e troviamo un sacco di polizia davanti, tipo tre o quattro macchine e un sacco di gente, i nostri vicini appunto. Chi piangeva, chi era talmente in panico da non riuscire nemmeno a spiegare cosa stava succedendo. Erano sparite due bambine del quartiere. Nessuno le vedeva da un’ora e alcuni vicini si erano gia’ organizzati per cercarle. Grazie al cielo le hanno trovate immediatamente dopo i poliziotti. Erano allo Starbucks dall’altra parte della strada, le monelle, che si facevano un frappuccino.

Questo piccolo episodio restituisce in maniera abbastanza accurata l’idea che mi sono fatta in questi anni degli americani. Gente piuttosto individualista, sempre impegnati all’interno dei loro piccoli clan, sempre poco disponibili a fare qualcosa che non sia un’attivita’ precisa. Se andiamo per dire a un concerto o a giocare a qualcosa va benissimo, ma se si tratta di farsi quattro chiacchere o godersi un attimo la vita con una bella cena fra amici, raramente sono disponibili. Quelli supersocievoli vanno in chiesa, pare essere quello l’unico posto in cui si stringono davvero dei rapporti. Pensavo che in effetti se dopo tutti questi anni ho solo un’amica americana, non sara’ solo colpa mia, forse sono un po’ chiusi loro. D’altra parte nel momento del bisogno pero’, ti sorprendono. Hanno una capacita’ di intercettare le necessita’ degli altri che e’ a dir poco strabiliante. A ogni nascita, ogni funerale, ci si fa letteralmente in quattro per gli altri. Ci sono perfino dei siti creati appositamente per aiutare i membri della comunita’ quando gli capita qualcosa sia di bello che di brutto. Nella vita di tutti i giorni, invece, ci si fanno grandi sorrisi e poi ognuno si occupa dei fatti propri.   

4 commenti:

Sabina ha detto...

Anch'io ho visto quel documentario qualche mese fa e anch'io mi sono posta la stessa domanda: ma senza quella telecamera al seguito sarebbe davvero andata così com'è andata? Ho qualche dubbio...
Per quanto riguarda gli americani, proprio qualche settimana fa scrivevo a tale proposito concentrandomi sul concetto di amicizia, ma in realtà affrontando il tema "rapporti interpersonali in America". Giungo alle tue stesse conclusioni dopo 10 mesi di permanenza a San Francisco!

Anonimo ha detto...

Non saprei proprio cosa è meglio, il costume italico spesso prevede che per due chiacchiere ci sia sempre qualcuno, ma se capita qualcosa di grave sei più o e meno ignorato dalla comunità che pensa che non occuparsi di te li protegga da chissà che cosa.
E' chiaro dipende molto dalla situazioni e dalle persone che ti circondano, io penso che di amici al mondo ne abbiamo molto pochi, perché prima o poi si dividono le strade di tutti. Abbiamo la famiglia, sì. E' la nostra famiglia che ci resta vicino, che ci aiuta se fa tutto schifo e che se va tutto bene ci lascia goderci il bello. Gli altri.. boh alla fine non sai mai che gli passa per la testa :)
Baci B

Unknown ha detto...

probabilmente hanno bisogno di schematizzare le loro attività in tutto e non solo nel lavoro :) http://blogpercomunicare.blogspot.it/

Anonimo ha detto...

Questo modo di fare degli americani non mi dispiace, sarà anche per questo che spesso agli italiani viene invidiato la capacità di godersi la vita?
Leggendo l'articolo ripensavo a una chiaccherata con un conoscente,lui ha lavorato per 5 anni negli Stati Uniti,settore alberghiero (alto livello)pur avendo un ottimo lavoro e una splendida carriera,la cerchia di amici che si era creato era più amici "per quando tutto andava bene" che full-time.
Ognuno ha la sua storia però mi chiedo se l'aspetto interpersonale non sia soggetto anche ai luoghi e ai livelli sociali.