martedì 14 aprile 2009

leap of faith

In questi giorni ho imparato l'espressione leap of faith. Deriva da una nozione di Kierkegaard, ma oramai e' entrata nel linguaggio comune in inglese. Ci sto pensando molto. Si puo' tradurre forse con atto di fede o fiducia cieca, ma quello che mi affascina e' quel 'leap' salto, che non si puo' rendere in italiano. E' una gran bella immagine perche' per credere di farcela nella vita in tante diverse situazioni, a volte bisogna davvero prendere tutte le nostre piccole paturnie o ragioni e fare un bel salto nel vuoto o magari anche un piccolo salto, giusto quello che ci serve per superare le nostre ansie, il nostro pessimismo o realismo, le personali resistenze all'insaputo, all'inspiegato e buttarsi fra le braccia del destino senza paura. Molti scienziati, senza scandalizzarsi, invece di negare il soprannaturale, si limitano a constatare che ci sono tante cose che la scienza non e' ancora arrivata a spiegare. E allora forse in certi casi si dovrebbe davvero fare questo piccolo salto, mettere un secondo da parte la logica e provare semplicemente a credere. Almeno per quell'attimo che serve a convincersi che tutto poi se deve succedere succede e se non succede e' perche' qualcos'altro di buono prima o poi succedera'. E' questo tipo di fede che mi piacerebbe avere. Perche' non serve abbattersi a priori quando poi basta guardarsi intorno per veder che i miracoli succedono eccome, e tutti i giorni.
Un saltello, niente di piu'.

14 commenti:

eccemarco ha detto...

ok, me ne viene in mente una pessima, pero' la dico lo stesso
a modena una mia amica usava dire spesso questa cosa, a proposito del prendere il coraggio e fare dei 'salti nel vuoto':
"si è deciso a fare il salto della quaglia"... :)

a parte la battuta, mi piace molto il tuo concetto, e poi è vero, sono molto belle le intraducibili sottili differenze tra i linguaggi

nonsisamai ha detto...

oddio...ma perche' c'e' qualche doppio senso con la quaglia?? :)

comunque quaglia o no...quanto coraggio ci vuole a fare un salto cosi' anche piccolo piccolo? piu' che altro se non ci sei portato, e' quello il problema.

Fabrizio Cariani ha detto...

piace moltissimo anche a me come espressione, anche se di solito la uso in senso negativo, tipo " beh non e' il massimo invitarmi a credere che X sia vero sulla base di un leap of faith... vorrei un minimo di argomento razionale... "

nonsisamai ha detto...

da filosofo giustamente...

Anonimo ha detto...

Ciao Emanuela, anche questa è una bella l'espressione. A me viene questa interpretazione: quando, nonostante il vaglio stretto della ragione e del timore, rimane il pungolo a fare qualcosa che non è sufficientemente supportato dalla sicurezza interiore di farcela, possiamo affidarci a quel pungolo per orientare tutte le nostre forze e capacità al raggiungimento dell'obiettivo. É una scommessa non solo sul risultato finale, ma sull'affidabilità del nostro pungolo.
roberto

Bruja ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Bruja ha detto...

io aggiungerei che a volte non è solo questione di esserci più o meno portati...a volte è solo una serie di muri e barriere che ci creiamo da soli...pensando di stare meglio...e precludendoci la possibilità di ...provare..
un abbraccio

MarKino ha detto...

a me ricorda "Indiana Jones e l'Ultima Crociata".... anzi... a pensarci bene la scena del "salto della fede" come credo sia stata doppiata in italiano, sia una visualizzazione cinematografica di leap of faith...

peraltro: da fisico, mi vien fatto spesso di pensare che, scava scava, risalendo alla fonte ed ai principi primi, c'è sempre qualcosa che si deve assumere così, come data, quasi senza argomentazione...

peppermind ha detto...

Bah, ogni tanto è anche bello incancrenirsi nell'indecisione, sempre kirkegaardianamente parlando.

Comuqnue, ovvio, bisogna saltare dalla finestra, o mangiare la minestra, però se si salta troppo lontano si finisce per credere in cose... poco razionali, ma troppo poco (concordo con Cariani, sarà che so' filosofo anche io, sebbene non praticante).

Anonimo ha detto...

le parole intraducibili che riescono a descrivere in modo calzante una situazione dovrebbero diventare internazionali, le adoro. Grazie a te ne ho appena scoperta una nuova (e perfetta)

@LLERTA ha detto...

a me ricorda la piena fiducia riposta dai bambini nel trip positivo di Holden quando nel suo onirico campo di segale li acchiappa al volo prima che saltino giu' dal dirupo (da qui il titolo intraducibile The catcher in the Rye)

Unknown ha detto...

Leap of faith, hai ragione, è bellissimo. Come Markino, anche a me fa pensare alla scena di Indiana Jones III.
Se ci pensi tu questo salto lo hai fatto, no?
Che tuttavia ci si trovi a fronteggiarne almeno uno ogni giorno o quasi, è un altro discorso.

nonsisamai ha detto...

roberto: io ci provo, ma insomma...

bruja: esattissimo

markino: mi piace molto l'osservazione finale fatta da te che sei uno scienziato

nonsisamai ha detto...

peppermind: pero' sempre kirkegaardianamente parlando, alla fine ci vuole un aut aut. ah ah.

oddio cosa ho scritto???

sancla: lo penso anch'io, mi fa piacere essere stata utile :)

@llerta: non l'ho letto

viridian: si, e' vero, ma averlo fatto una volta non vuol dire molto. ci sono sempre nuovi salti, nuove sfide, nuove paure.

in spagna, a s.giovanni per tradizione si salta su dei piccoli fuochi, le 'hogueras'.
era il giorno del mio compleanno. ricordo che superai la paura e lo feci anch'io, saltai tre volte.
e fu liberatorio.