martedì 7 maggio 2019

ma va là

Una sera, qualche mese fa, abbiamo deciso di andare al cinema all'ultimo momento. In questi casi oppure se c'è un'emergenza, non avendo il tempo di chiamare la babysitter, portiamo Joe e Woody in quello che io chiamo "il parcheggio dei bambini". E' una sorta di via di mezzo fra un asilo e una sala giochi. Funziona un po' come un fast food: al posto della finestrella c'è la porta, molli il pupo e te ne vai. Credo che sia fatto proprio per chi come noi non ha nonni nei paraggi ed è un grande aiuto, un'idea geniale direi. Ci sono i giocattoli, i videogiochi, i film, la casetta sull'albero, la pizza. Joe e Woody lo hanno sempre vissuto come un premio, una cosa divertente da fare una volta ogni tanto. 
Quella sera, però Joe non ci voleva andare. Non capivamo. E' successo qualcosa? Hai avuto qualche problema? Niente. E allora?
Comincia a piangere ed è tutto sempre più strano e incomprensibile, Joe non piange mai. Se piange deve essere qualcosa di serio, ma cosa? Non riuscivamo a venirne a capo. Alla fine, ha cominciato a spiegarsi:
- Ho paura che non torniate a riprenderci.
- Ma come? Torniamo sempre a riprendervi, mica vi abbandoniamo. E' anche contro la legge, non vogliamo mica finire in prigione! -cerco goffamente di sdrammatizzare.
- Lo so.
- E allora di che cosa hai paura?
- Ho paura che vi succeda qualcosa.
- Ma cosa vuoi che ci succeda ... E poi qualunque cosa succeda, credimi, torneremo sempre a riprendervi!
- Non se morite.
Gasp.
Uno di quei momenti della vita che sono un po' come uno spartiacque, ne avverti la gravità anche mentre lo vivi. Un macigno.
Se ci avessi ragionato meglio, se avessi pensato seriamente che un giorno avrei dovuto spiegare la morte a mio figlio di otto anni, non so se avrei mai avuto il coraggio di farlo un figlio. Perchè uno quando deve decidere se avere un figlio pensa al parto o all'adozione, all'asilo o alla scelta del pediatra, questioni serissime ma decisamente fuorvianti e secondarie rispetto a tutte le circostanze che ruotano intorno alla crescita di un essere umano fino all'età adulta. E' già tutto così complicato dall'inizio che ci rifiutiamo di accettare che sarà sempre più difficile.
- Ho paura che moriate.
Quando finalmente è riuscito a dirlo così chiaro e tondo, sono rimasta senza fiato. Ma di che mi stupisco poi? Alla sua età ero esattamente come lui, ci pensavo anch'io alla morte dei miei. Non è normale? Era la mia paura più grande. Immaginavo nei dettagli cosa ne sarebbe stato di me e mia sorella senza di loro. La differenza è che non credo di aver mai tirato fuori la questione. A casa mia, non si parlava di queste cose. La risposta sarebbe stata ma va là, cosa vai a pensare? E sarebbe finita lì. 
Chiaramente, il ma va là è stata anche la mia prima penosa risposta, come un riflesso condizionato, ma Joe è un osso duro. Mi ha guardato con quegli occhi lucidi come per dire: no, impegnati. Mr. J è molto bravo con i discorsi paterni. Ha l'autorevolezza, il physique du rôle. Fa dei discorsi paterni bellissimi, da film americano, ma come dicevamo, Joe è un osso duro. Ho proposto un diversivo più che altro per guadagnare un po' di tempo e trovare qualcosa di sensato da dire. Ti va un gelato? Facciamo una partita a Indovina chi?
Alla fine ho deciso di spiegargli semplicemente quello che penso, l'unica cosa che per me è vera a qualunque età.
Tutto può succedere, sì, prima o poi tutti moriremo, ma non sappiamo molto della morte. Non sappiamo quando, come e dove. Quello che sappiamo è che siamo qui in questo momento, è l'unica cosa di cui possiamo essere certi. Sappiamo che lo stiamo costruendo insieme questo momento e che possiamo scegliere come trattarci e come passare questo tempo che abbiamo a disposizione. 
Se ti concentri su questo momento preciso, non hai nulla da temere.
Respira. Sei vivo. Siamo insieme. 
Abbiamo cominciato a fare questo piccolo esercizio tutte le sere. Semplicemente sederci uno accanto all'altra, chiudere gli occhi e respirare. Prima in silenzio totale per un paio di minuti, poi il tempo si è allungato fino ad arrivare a una decina di minuti e abbiamo anche cominciato ad ascoltare della musica classica. Sono attimi preziosi per entrambi.
E va meglio. Ha smesso di svegliarsi di notte e di preoccuparsi della morte o almeno non ne parla più. In compenso, mi parla di tante altre cose, parliamo sempre di più. A volte mi trovo a dovergli spiegare concetti che nessuno ha mai spiegato a me, cose che mi sono sempre sembrate ovvie. Nel bene e nel male, non dà mai niente per scontato. Mi sembra più sereno, anche se so che probabilmente sarà sempre un tipo tormentato il nostro Joe. D'altra parte come fai a non essere tormentato se ti guardi un po' intorno? 

9 commenti:

La perfezione stanca ha detto...

Ti vorrei abbracciare fortissimo. Che bella persona che sei e come sono fortunati quelli che ti amano

nonsisamai ha detto...

La Perfezione stanca: grazie davvero. Lo metto fra le cose più belle che mi siano state dette nella vita.

Anonimo ha detto...

ma va là -> ma va' là
un'asilo -> un asilo

Nonno Nanni :)

Anonimo ha detto...

Ah, dimenticavo: bellissimo post.

Nonno Nanni :)

gota ha detto...

brava, brava, brava
Hai fatto la cosa migliore per te e il tuo bimbo

Anonimo ha detto...

Mi hai ricordato un episodio accaduto quando erano piccoli ( ora sono ventenni): stavamo viaggiando in auto, loro sui seggiolini dietro hanno cominciato a chiedermi dove si va quando si muore, cosa si fa quando si è morti, ad un certo punto il piccolo guardando il fratello scoppiò a piangere dicendo che se moriva non poteva più vederlo e se avesse potuto farsi seppellire con la faccia verso di lui e alla fine sono scoppiati a piangere in un bagno di autocommiserazione....Insomma, io stavo guidando e cercavo di contenere il disastro dicendo:” Ma dai ragazzi, non è che succederà adesso, passeranno moltissimi anni, state calmi,no,dai,non piangete, cantiamo una bella canzone insieme?
È stata quella volta che mi sono sentita impotente ed inadatta, incapace di parlare di aldilà con nuvolette e angioletti, quel paradiso cattolico così consolatorio; quella volta ho capito che avevano bisogno di qualcuno che trasmettesse loro quella religiosità che io non sapevo trasmettere ma che a me era stato trasmesso, speranza, fede, boh, qualcosa che avrebbero trattenuto o di cui si sarebbero liberati una volta cresciuti
Ciao
Betty

nonsisamai ha detto...

Betty: sí, si fanno prendere da queste onde di disperazione che ti spezzano il cuore. Però non credere, io sono cresciuta con l'idea del paradiso e degli angioletti, ma soffrivo allo stesso modo. Pensavo...ma se vanno in un posto migliore perchè tutti piangono e si disperano? No, per me la soluzione, non è la religione.

nonsisamai ha detto...

Nonno Nanni: mi fa piacere che ti sia piaciuto, sviste a parte ;)

Gota: grazie, lo spero tanto!

mocaliana ha detto...

brava Emanuela, hai trovato un'ottima soluzione. Non è facile, non siamo affatto preparati ad affrontare queste paure nè nei nostri figli, nè in noi stessi.
Stiamo, in questi giorni, giusto vedendo, con mio marito, dei video sulle persone NDE (near death experience); e sono molto interessanti. Abbiamo riflettuto sul fatto che questa nostra società affronta (o NON affronta) la morte in modo sbagliato, e, persempio, le persone con malattie terminali non sono affatto aiutate o accompagnate in un giusto percorso di accettazione di questo fondamentale passaggio della vita, che pure è molto naturale.
Elena